Indice
- Trasparenza salariale: il contesto normativo europeo
- La Direttiva (UE) 2023/970: obiettivi e ambito di applicazione
- Gli obblighi di trasparenza nella fase di selezione
- I diritti dei lavoratori durante il rapporto di lavoro
- Gender pay gap: obblighi di reporting e misure correttive
- Tutele, enforcement e regime probatorio
- Il recepimento in Italia e le principali criticità applicative
- Trasparenza salariale e dimensione ESG
- Impatti organizzativi e prospettive future
Trasparenza salariale: il contesto normativo europeo
Negli ultimi anni, la trasparenza salariale è emersa come uno dei temi centrali nel dibattito europeo sulle politiche del lavoro e sulla parità di trattamento. Nonostante il principio della parità retributiva tra uomini e donne sia sancito da tempo nei Trattati dell’Unione Europea, le differenze salariali continuano a rappresentare un fenomeno strutturale e persistente, alimentato anche da una scarsa accessibilità alle informazioni sulle retribuzioni.
La mancanza di trasparenza nei sistemi retributivi contribuisce infatti a rafforzare le asimmetrie informative tra datori di lavoro e lavoratori, rendendo più difficile individuare e contrastare trattamenti discriminatori. In molti contesti organizzativi, la retribuzione resta un dato opaco, raramente oggetto di confronto o di criteri esplicitati, con effetti che si riflettono non solo sulle disuguaglianze di genere, ma anche sulla fiducia e sulla qualità delle relazioni di lavoro.
È in questo contesto che si inserisce l’intervento del legislatore europeo, che ha individuato nella trasparenza uno strumento essenziale per rendere effettivo il principio della parità retributiva. La Direttiva (UE) 2023/970 nasce proprio dall’esigenza di superare l’approccio meramente dichiarativo alla parità di trattamento, introducendo obblighi informativi, diritti di accesso ai dati e meccanismi di controllo capaci di incidere in modo concreto sulle pratiche retributive delle imprese.
La Direttiva (UE) 2023/970: obiettivi e ambito di applicazione
La Direttiva (UE) 2023/970 si inserisce nel quadro delle politiche europee volte a rafforzare il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, sancito dall’articolo 157 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. L’obiettivo della norma è rendere tale principio effettivamente applicabile, intervenendo sulle cause strutturali che ostacolano l’emersione delle discriminazioni retributive.
La Direttiva si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato e riguarda tutte le componenti della retribuzione, incluse le forme di remunerazione variabile e i benefici accessori. Il legislatore europeo ha scelto un approccio sistemico, che combina obblighi informativi, diritti individuali dei lavoratori e strumenti di controllo, superando la logica dell’intervento ex post basato esclusivamente sul contenzioso.
Gli obblighi di trasparenza nella fase di selezione
Uno degli elementi di maggiore novità introdotti dalla Direttiva riguarda la fase precontrattuale. I datori di lavoro sono tenuti a fornire ai candidati informazioni chiare sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva prevista per la posizione offerta, prima dell’avvio del colloquio o comunque prima della conclusione del contratto.
Parallelamente, viene vietata la richiesta di informazioni sulla storia retributiva pregressa del candidato. Questa disposizione mira a interrompere la riproduzione di disuguaglianze salariali pregresse, che spesso si riflettono nei nuovi rapporti di lavoro attraverso meccanismi automatici di riallineamento alla retribuzione precedente.
L’obiettivo è riequilibrare il rapporto informativo tra le parti e favorire processi di selezione basati su criteri oggettivi, riducendo il peso di fattori non direttamente collegati alle competenze e al valore del ruolo.
I diritti dei lavoratori durante il rapporto di lavoro
Durante il rapporto di lavoro, la Direttiva riconosce ai lavoratori specifici diritti di accesso alle informazioni retributive. In particolare, è previsto il diritto di conoscere il livello medio di retribuzione, disaggregato per genere, per categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
I datori di lavoro devono inoltre rendere accessibili i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, le progressioni salariali e gli avanzamenti di carriera. Tali criteri devono essere fondati su parametri oggettivi e neutrali rispetto al genere, al fine di prevenire discriminazioni dirette o indirette.
Queste disposizioni incidono in modo significativo sull’organizzazione interna delle imprese, richiedendo una maggiore formalizzazione dei sistemi di classificazione delle posizioni e dei meccanismi di determinazione delle retribuzioni.
Gender pay gap: obblighi di reporting e misure correttive
Un ulteriore pilastro della Direttiva è rappresentato dagli obblighi di reporting sul gender pay gap. Le imprese sono chiamate a comunicare periodicamente informazioni sulle differenze retributive di genere, secondo modalità e frequenze che variano in funzione della dimensione aziendale.
Qualora dall’analisi emerga un divario retributivo superiore al 5% non giustificato da criteri oggettivi e neutrali, il datore di lavoro è tenuto ad avviare una valutazione congiunta delle retribuzioni, in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, e a definire misure correttive adeguate.
Questo meccanismo sposta l’attenzione dalla singola controversia individuale a una logica di prevenzione e intervento strutturale, rafforzando il ruolo della trasparenza come strumento di governance delle politiche retributive.
Tutele, enforcement e regime probatorio
La Direttiva introduce un sistema di tutele rafforzate per garantire l’effettività dei diritti riconosciuti. È prevista la possibilità per i lavoratori di ottenere un risarcimento integrale in caso di discriminazione retributiva, comprensivo di arretrati, premi e benefici accessori.
Particolarmente rilevante è il rafforzamento del regime probatorio: l’onere della prova viene in parte trasferito sul datore di lavoro, che deve dimostrare l’assenza di discriminazioni qualora il lavoratore fornisca elementi idonei a fondare il sospetto di una violazione. Sono inoltre previste tutele contro trattamenti ritorsivi nei confronti di chi esercita i diritti derivanti dalla Direttiva.
Il recepimento in Italia e le principali criticità applicative
Gli Stati membri sono chiamati a recepire la Direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali, con un margine di discrezionalità nella definizione delle modalità applicative. In Italia, il recepimento si inserirà in un contesto già caratterizzato da interventi in materia di parità salariale, ma richiederà un coordinamento attento con la normativa esistente.
Tra le principali criticità applicative si segnalano la definizione del concetto di “lavoro di pari valore”, la strutturazione di sistemi di classificazione neutrali e l’impatto degli obblighi di reporting sulle piccole e medie imprese. Questi aspetti rendono centrale il tema dell’organizzazione interna e della capacità delle aziende di governare in modo coerente le proprie politiche retributive.
Trasparenza salariale e dimensione ESG
La Direttiva sulla pay transparency intercetta in modo diretto alcuni temi centrali della dimensione ESG, in particolare quelli legati ai fattori Social e Governance. La parità retributiva, la tracciabilità dei criteri salariali e l’accesso alle informazioni rappresentano infatti elementi sempre più rilevanti nelle valutazioni sulla qualità delle pratiche aziendali.
In questo senso, la trasparenza salariale non si esaurisce in un obbligo normativo, ma contribuisce a strutturare processi e dati che incidono sulla credibilità delle politiche di inclusione, sulla gestione dei rischi reputazionali e sulla coerenza tra dichiarazioni pubbliche e pratiche interne.
Impatti organizzativi e prospettive future
L’attuazione della Direttiva comporterà un impatto significativo sui modelli organizzativi delle imprese. Sarà necessario rivedere i sistemi di classificazione del personale, formalizzare i criteri di determinazione delle retribuzioni e rafforzare i processi di raccolta e gestione dei dati salariali.
Nel medio periodo, la trasparenza salariale è destinata a incidere anche sulla cultura organizzativa, favorendo una maggiore consapevolezza delle dinamiche retributive e un confronto più strutturato all’interno delle organizzazioni.





