Indice
- Europa rallenta, Cina accelera: il contesto ESG globale in trasformazione
- CSDS: cosa sono e quale architettura prevedono
- CSRD e CSDS: analogie, differenze e aree di convergenza
- Impatti per le aziende europee: conseguenze operative e scenari futuri
L’Europa rallenta e la Cina accelera: il contesto globale in trasformazione
Nel corso del 2025 il quadro regolatorio internazionale sulla sostenibilità sta conoscendo sviluppi divergenti tra Europa e Cina. L’Unione Europea ha introdotto il cosiddetto Pacchetto Omnibus, un intervento normativo volto a semplificare alcuni obblighi di rendicontazione ESG. Le revisioni proposte, e quelle in discussione, stanno tuttavia generando incertezza sul livello di ambizione che la rendicontazione europea manterrà nei prossimi anni.
Parallelamente, la Cina sta procedendo in direzione opposta, definendo un sistema normativo più articolato per la trasparenza e la comunicazione delle informazioni ESG. Questa evoluzione si concretizza nella pubblicazione dei Corporate Sustainability Disclosure Standards (CSDS), un nuovo quadro obbligatorio orientato alla creazione di un sistema nazionale unificato di rendicontazione.
L’impostazione cinese appare orientata a rafforzare la comparabilità dei dati e la coerenza delle informazioni, con l’intenzione, nel medio periodo, di estendere l’applicazione degli standard oltre le grandi imprese. Sebbene non sia disponibile una roadmap ufficiale vincolante che stabilisca tempistiche precise per le PMI, il governo ha indicato più volte l’obiettivo di un’adozione graduale e progressiva.
Questa contrapposizione tra un’Europa impegnata in un processo di revisione e una Cina che procede nella costruzione di una propria architettura normativa solleva alcune questioni: come si articolano esattamente i CSDS, quali sono i loro obiettivi e in che misura potrebbero influenzare le dinamiche competitive tra aziende operanti in mercati diversi?

CSDS: cosa sono e quale architettura prevedono
I Corporate Sustainability Disclosure Standards (CSDS) rappresentano il tentativo della Cina di costruire un sistema nazionale uniforme per la rendicontazione ESG. Si tratta di un insieme di standard obbligatori che definiscono principi, requisiti informativi e modalità operative a cui le imprese dovranno attenersi nella comunicazione delle informazioni di sostenibilità. L’architettura dei CSDS è articolata su tre livelli principali, ognuno con una funzione specifica:
Basic Standards
Il primo livello è costituito dai Basic Standards, che definiscono l’ossatura generale del sistema. Al loro interno vengono stabiliti i principi fondamentali della rendicontazione di sostenibilità, i criteri di qualità dei dati e la struttura complessiva delle informazioni che un’impresa deve presentare. In sostanza, i Basic Standards fissano le regole metodologiche e redazionali che orientano la costruzione del bilancio di sostenibilità secondo il modello cinese, in modo analogo a quanto gli ESRS fanno nel contesto europeo.
Specific Standards
A questo livello si affiancano gli Specific Standards, dedicati ai temi ambientali, sociali e di governance considerati prioritari. Comprendono standard relativi al cambiamento climatico, alle pratiche lavorative, alla biodiversità e alla gestione delle risorse idriche. Non si limitano a indicare le informazioni da divulgare, ma definiscono anche le metriche, gli indicatori e le modalità di valutazione utili a misurare gli impatti e le performance aziendali nei vari ambiti.
Application Guidelines
Il terzo livello è rappresentato dalle Application Guidelines, che svolgono una funzione più operativa. Si tratta di linee guida elaborate per accompagnare le imprese nell’applicazione concreta degli standard, fornendo chiarimenti metodologici, esempi di compilazione e indicazioni tecniche per la raccolta e la verifica dei dati.
Nel loro insieme, Basic Standards, Specific Standards e Application Guidelines formano un quadro coerente che punta a garantire un approccio omogeneo tra le imprese, una maggiore comparabilità delle informazioni ESG e un progressivo allineamento alle migliori pratiche internazionali.
CSRD e CSDS: analogie, differenze e aree di convergenza
Nonostante siano espressione di contesti politici ed economici molto diversi, CSRD e CSDS presentano numerosi elementi comuni. Questa convergenza non è casuale: entrambi i sistemi puntano a creare un quadro di rendicontazione più strutturato, comparabile e fondato su criteri tecnici condivisi.
Le analogie principali riguardano innanzitutto la doppia materialità, adottata in modo esplicito sia dalla normativa europea sia da quella cinese. In entrambi i casi, le imprese sono chiamate a valutare sia l’impatto delle proprie attività sull’ambiente e sulla società, sia gli effetti che i fattori ESG esercitano sulle performance e sulla resilienza del modello di business. Questo approccio, che richiede una lettura integrata tra rischi, opportunità e impatti, costituisce il presupposto per garantire una rendicontazione più completa e coerente.
Un secondo punto di contatto riguarda la struttura generale delle informazioni richieste. Sia i CSDS che gli ESRS organizzano la rendicontazione attorno a quattro aree fondamentali: la governance, la strategia, la gestione dei rischi e le metriche da utilizzare per valutare i risultati. Queste dimensioni costituiscono la cornice entro cui si inseriscono gli indicatori tematici (clima, risorse, capitale umano, catena del valore, ecc.) e rappresentano un linguaggio tecnico ormai consolidato a livello internazionale. In altre parole, l’attenzione non si concentra unicamente sugli impatti ambientali e sociali, ma anche sulla capacità delle imprese di integrare i temi ESG nella gestione ordinaria, nelle decisioni strategiche e nella misurazione delle proprie performance.
Anche la supply chain è un elemento centrale in entrambe le normative. Sia CSRD che CSDS prevedono che l’impresa analizzi non solo le proprie operazioni dirette, ma anche i fornitori e i distributori lungo l’intera catena del valore. Questa impostazione amplia il perimetro della rendicontazione, rendendo necessaria una maggiore disponibilità di informazioni da parte dei partner commerciali e rafforzando l’importanza degli indicatori relativi allo Scope 3.
Nel caso cinese, il perimetro è definito come “dinamico”, cioè soggetto a revisione quando cambiano processi, fornitori o modelli di business. L’approccio europeo è concettualmente affine, anche se declinato in modo più dettagliato all’interno dei singoli standard tematici.
Un’ulteriore area di convergenza riguarda l’attenzione alla qualità e verificabilità dei dati. Entrambe le normative richiedono informazioni rilevanti, affidabili e comparabili, con un’attenzione crescente alla tracciabilità delle metodologie utilizzate. Questo aspetto sta diventando particolarmente rilevante per gli investitori, che necessitano di dati coerenti non solo per valutare le performance ESG, ma anche per integrare la sostenibilità nei propri modelli di rischio.
Resta invece più complesso il confronto sul tema della gradualità nell’applicazione. Il percorso europeo prevedeva inizialmente un’estensione progressiva degli obblighi a un numero crescente di imprese, incluse alcune categorie di PMI. Tuttavia, le revisioni introdotte o discusse nel quadro del Pacchetto Omnibus hanno attenuato questa traiettoria, rendendo oggi meno definito il percorso di ampliamento della platea.
Anche la Cina dichiara l’intenzione di adottare un approccio graduale, partendo dalle imprese di maggiori dimensioni e valutando un’estensione successiva alle PMI. Tuttavia, a differenza dell’Europa, non è stata pubblicata una roadmap vincolante che stabilisca tempistiche precise. Si tratta quindi più di una direzione strategica che di un calendario normativo consolidato.
Nonostante queste differenze, il risultato complessivo è un crescente allineamento metodologico tra i due sistemi. Tale convergenza facilita la comparabilità internazionale e riduce le barriere informative per le imprese che operano su più mercati, contribuendo a definire un terreno comune per la rendicontazione ESG a livello globale.

Impatti per le aziende europee: conseguenze operative e scenari futuri
L’introduzione dei CSDS produce ricadute rilevanti per le imprese europee che operano in Cina o che includono fornitori cinesi nella propria catena del valore. La nuova normativa non rappresenta soltanto un cambiamento formale nei requisiti di rendicontazione, ma introduce elementi che possono incidere sulla gestione dei dati, sui processi di controllo e sulla qualità delle informazioni ESG disponibili lungo la supply chain.
Per le aziende con attività dirette in territorio cinese, l’adeguamento ai CSDS richiede un rafforzamento delle capacità interne di raccolta, analisi e verifica dei dati. Questo implica, in molti casi, l’adozione di sistemi informativi più strutturati e una maggiore integrazione tra funzioni locali e funzioni centrali. Sarà necessario coordinare metodologie di reporting coerenti con quelle previste dagli ESRS europei, perché i due impianti, pur distinti, condividono la stessa logica di fondo: assicurare una rappresentazione completa e affidabile degli impatti e dei rischi ESG.
L’allineamento concettuale tra CSRD e CSDS può avere effetti positivi, in particolare per le imprese multinazionali. La presenza di principi comuni – come la doppia materialità, la struttura delle informazioni e l’attenzione alla supply chain – consente di ridurre sovrapposizioni e duplicazioni, favorendo l’adozione di metodologie condivise nei diversi contesti regolatori. Tuttavia, questo vantaggio potenziale richiede un coordinamento accurato, perché restano differenze significative nella modalità di applicazione e nei requisiti tecnici di ciascun sistema.
Un ambito destinato a evolvere è quello della gestione della supply chain, soprattutto per le aziende europee che dipendono da fornitori cinesi. L’obbligo, per questi ultimi, di produrre dati ESG più dettagliati potrebbe migliorare la qualità delle informazioni necessarie per il calcolo dello Scope 3 previsto dalla CSRD. Allo stesso tempo, le imprese europee dovranno adottare procedure più strutturate per integrare tali informazioni nei propri sistemi di reporting e per assicurare che i fornitori siano in grado di rispondere agli standard richiesti. Questo comporta, tra le altre cose, una revisione dei processi di raccolta dati, l’aggiornamento dei contratti con i partner della supply chain e un monitoraggio più sistematico dell’affidabilità delle informazioni ricevute.
In un contesto regolatorio in rapido cambiamento, sarà inoltre necessario mantenere un’attenzione costante agli sviluppi normativi sia in Europa sia in Cina. La convergenza tra i due sistemi non va interpretata come un’identità completa dei requisiti, ma come la tendenza a condividere un insieme di principi strutturali comuni. Questa evoluzione spinge verso una maggiore trasparenza e comparabilità internazionale, ma richiede alle imprese un impegno continuo nell’adattare metodologie, processi e competenze.
L’incertezza attuale legata al Pacchetto Omnibus europeo, che introduce modifiche potenzialmente significative agli obblighi di rendicontazione, aggiunge un ulteriore elemento di complessità. Una riduzione del perimetro o della profondità della rendicontazione prevista dalla CSRD rischierebbe di creare un disallineamento tra l’Europa e altri attori globali che stanno invece consolidando sistemi di reporting più rigorosi. In tale scenario, una parte della responsabilità di mantenere livelli adeguati di trasparenza e coerenza ricadrebbe direttamente sulle imprese europee, chiamate a garantire continuità e qualità delle proprie informazioni ESG indipendentemente dal grado di vincolatività degli obblighi normativi.





